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Pubblicato nel 1928 da un Emanuelli diciannovenne, Memolo appartiene al decennio, concluso dagli Indifferenti di Moravia, che vede la rinascita della narrativa in Italia. Il racconto cerca inedite soluzioni letterarie che si inoltrano nei territori dell'inappartenenza, dell'estraneità, dell'inautenticità. L'inettitudine del protagonista, spettatore estraneo di ciò che lo circonda, subisce una sorta di riduzione al suo grado zero. L'autore esordiente denunciava così, con l'alienazione dell'individuo, il nonsenso dell'esistenza e delle sue relazioni quotidiane.